Il Buddhismo in breve: cos’è e quali sono gli insegnamenti del Buddha

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Buddhismo significa “sentiero dell’essere superiore”, deriva dall’induismo e propone una visione più filosofico-psicologica che religiosa ed è predominante in Asia. Il fondatore e maestro è Siddharta […]

Buddhismo significa “sentiero dell’essere superiore”, deriva dall’induismo e propone una visione più filosofico-psicologica che religiosa ed è predominante in Asia. Il fondatore e maestro è Siddharta Gautama detto Shakyamuni, che visse tra il IV e il V sec. a.C. nell’India nord-orientale. Viveva in una famiglia molto ricca del Nepal meridionale. Suo padre era un ricco principe e sua madre era una donna di grande bellezza. Il padre di Siddharta venne a conoscenza di una profezia che riguardava il figlio, secondo la quale, la sua vita dorata sarebbe finita quando il giovane avesse incontrato la sofferenza e la morte. Il re fece il possibile per evitare che Siddharta venisse a conoscenza di questi aspetti, ma all’età di 29 anni, Siddhārtha Gautama uscì per la prima volta dal palazzo reale e si scontrò con la dura realtà del mondo. Attraverso vari incontri, si rese conto che l’umanità era pervasa dalla sofferenza. In particolare, secondo i racconti, Siddharta incontrò un uomo anziano, un uomo malato, un uomo morto e un monaco. Questi incontri gli fecero maturare la consapevolezza dell’esistenza delle quattro sofferenze della nascita, della vecchiaia, della malattia e della morte. Ma l’incontro con il monaco, sereno perché aveva abbandonato il lusso, gli fece comprendere che esisteva anche altro, e questa consapevolezza gli fece comprendere che la ricchezza era effimera e gli fece prendere la decisione di abbandonare ogni cosa per cercare la liberazione. Per conoscere le cause del dolore, si dedicò alla vita ascetica rinunciando alla sua casta e vita di benessere, ma i suoi maestri non lo soddisfarono. Capì che avrebbe ottenuto la conoscenza della salvezza nella meditazione personale, e così dopo 49 giorni di meditazione ebbe l’illuminazione e divenne il Buddha (il risvegliato). Dopo questa consapevolezza, iniziò ad insegnare ai suoi seguaci e decise di rivelare i suoi insegnamenti al mondo. Trascorse la vita mendicando a piedi per l’India e predicando la sua dottrina. Morì a Kusinara all’età di 80 anni.

Quali sono i fondamenti del Buddismo

L’obiettivo del sentiero spirituale buddhista è quello di raggiungere la completa liberazione dalla sofferenza. Tale liberazione, però, avviene tramite lo sforzo personale di seguire i metodi proposti dal Buddha, per cui è necessario avere una decisa motivazione a raggiungere tale liberazione. Una forte motivazione, infine, si ottiene solo sulla base di una chiara consapevolezza dello stato che si vuole abbandonare. Per questo è necessario riconoscere il proprio stato di sofferenza, senza farsi cogliere da atteggiamenti nichilisti o pessimisti, ma rimanendo realisti riguardo la propria situazione. Una volta compresa la propria situazione di sofferenza è necessario indagare sull’origine di quest’ultima. In tale contesto la filosofia buddhista individua l’origine della sofferenza sulla base della legge di causa ed effetto, per la quale qualsiasi fenomeno o qualsiasi situazione ci si trovi a sperimentare dipende da azioni intraprese in precedenza. Il risultato di tale analisi è che l’origine principale delle nostre sofferenze risiede nei cosiddetti veleni mentali, tra i quali il principale è l’ignoranza, cioè la non conoscenza del reale modo di esistenza di tutti i fenomeni. Da questo tipo di ignoranza discendono gli altri veleni mentali, che possono essere raggruppati in: odio, attaccamento, invidia, orgoglio e dubbio. Sulla base di queste predisposizioni mentali negative vengono poi compiute le azioni negative di corpo e parola, come ad esempio rubare, uccidere, avere una condotta sessuale scorretta, mentire, calunniare o usare parole che provocano sofferenza o portano a conflitti. Dato che risalendo a ritroso nella nostra vita, fino al momento della nascita, tutte le situazioni che sperimentiamo dipendono, oltre che dalle condizioni contingenti, anche da una causa fondamentale posta in precedenza, è necessario asserire l’esistenza di vite precedenti alla nostra nascita, per non cadere in una contraddizione logica. Il buddhismo pertanto sostiene, sulla base della legge fondamentale di causa ed effetto, che ogni individuo è costretto in un ciclo continuo di morte e rinascita (in sanscrito Samsara), dove sperimenta un grado di sofferenza dipendente dalle azioni da lui compiute in precedenza. Tale principio è indicato con il termine Karma, che significa azione. È importante puntualizzare che il Buddismo in realtà non è una religione che costringe chi crede in esso ma gli permette di vivere una vita piena e realizzata. Dopo l’Illuminazione il Buddha diede il suo primo insegnamento a Sarnath (paese dell’India settentrionale, nello stato dell’Uttar Pradesh, a circa 10 chilometri a nord di Varanasi), noto come “Le Quattro Nobili Verità” che indicano la via per liberarsi dallo stato di sofferenza esistenziale propria dell’uomo, senza il bisogno di intermediari sacerdotali come i brahmani, ma attraverso un lavoro su se stessi.

La prima nobile verità afferma che la vita è dolore (dukkha): tutti gli esseri sperimentano problemi nella vita, come l’invecchiamento, la malattia e la morte dei cari, che vengono definiti sofferenza.

La seconda nobile verità specifica che la causa fondamentale della sofferenza è l’ignoranza (tanha) della vera natura della realtà e che il dolore che pervade la vita è causato dai nostri desideri di ricchezza, potere, successo e piacere.

La terza nobile verità stabilisce che il dolore cessa quando viene eliminato il desiderio. E’ possibile liberarsi completamente dalla sofferenza eliminando la causa, ovvero l’ignoranza, e ottenendo l’illuminazione, il Nirvana, ossia il totale abbandono dell’illusione che ci sia un sé o anima durevole e indipendente. Il termine “nirvana” deriva dal sanscrito e significa letteralmente “estinzione” o “soffio via” — come spegnere una candela. Ma non si intende l’estinzione della persona, bensì l’estinzione delle cause della sofferenza: l’avidità, l’odio e l’illusione. Il Nirvana non è un luogo o un paradiso. Non è uno stato di estasi continua né qualcosa che si può descrivere facilmente con le parole. È piuttosto una condizione dell’essere: Pace assoluta; Libertà dai desideri e dalla paura; Comprensione profonda della realtà; Fine del ciclo delle rinascite (Samsara); Uno stato non condizionato, oltre il tempo e lo spazio. Chi raggiunge il Nirvana ha spento il fuoco interiore della sofferenza e della brama.

Infine, nella quarta nobile verità il Buddha espose il metodo vero e proprio per raggiungere la liberazione dalla sofferenza. Tale sentiero, anche noto come “La Via di Mezzo”, evita i due estremi: l’estremo della ricerca della felicità attraverso la mera soddisfazione dei piaceri sensoriali e l’estremo dell’automortificazione delle diverse forme di ascetismo e stabilisce che è possibile liberarsi dal desiderio e, quindi, dal dolore attraverso l’ottuplice sentiero. Il nobile ottuplice sentiero è un cammino interiore che prevede il silenzio, la meditazione e il rispetto di otto regole, per vivere una vita basata sui valori dell’onestà, della moderazione, della giustizia e della saggezza; questi otto elementi devono essere alla base della vita equilibrata del buddhista praticante e sono:

Retta visione: la comprensione della vera natura della realtà, come descritto dalle Quattro Nobili Verità. Ciò implica la comprensione che la nostra realtà è temporanea, cioè non è la verità assoluta. In effetti, gli insegnamenti del Buddha suggeriscono che tutto ciò che osserviamo è un’illusione. Essere consapevoli delle diverse prospettive della realtà può aiutarci a relativizzare la nostra situazione. Non bisogna aver paura della morte: siamo tutti esseri mortali, quindi prima o poi tutto questo finirà. Secondo gli insegnamenti buddisti, temere la morte o quella dei propri cari può portare a una sofferenza costante. Superando questa paura, possiamo vivere la vita in modo molto più intenso.

Retta intenzione: l’impegno a evitare il danneggiamento degli esseri viventi e a promuovere il loro benessere. Questa regola è anche conosciuta come avere un pensiero corretto e significa cercare di eliminare le idee mondane sul mondo, lasciando andare tutti i desideri o brame che potrebbero disturbare la nostra mente. In alcuni casi, ciò significa diventare innocui verso gli altri e non augurare il male a nessun’altra persona.

Retta parola: l’uso delle parole in modo veritiero, gentile e non-diffamatorio. Parlare correttamente implica diventare più consapevoli di ciò che diciamo sia agli altri che a noi stessi. Mantenere le nostre parole e dire la verità è una regola che il Buddismo sottolinea per una vita più appagante. Infatti, nelle credenze buddiste, le parole che pronunciamo modellano il mondo che ci circonda. Diventare quindi più consapevoli delle nostre parole comporterà anche dare una forma migliore alla nostra realtà. Quindi, secondo il Buddismo, non dovresti mentire, manipolare o non essere fedele alle tue stesse parole.

Retta azione: l’evitare azioni negative come l’uccisione, il furto ed un comportamento sessuale inappropriato e praticare azioni positive come la generosità, la moralità e la pace. Quello del sesso è sempre un argomento difficile perché per la maggior parte di noi è spinta dietro al nostro comportamento sessuale da un desiderio bramoso. Abbiamo però delle linee guida di base e queste sono: non causare dolore con il nostro comportamento sessuale, come stuprare qualcuno o violare qualcuno in una maniera violenta, che gli farà del male; imporci su qualcuno facendo pressione, anche sul proprio partner, a fare sesso quando non vuole farlo; fare sesso con il partner di qualcun altro, oppure, se si ha un partner, fare sesso con qualcun altro. Adulterio quindi, a meno che non vi sia la totale conoscenza e consapevolezza da parte di tutti. Vi sono tuttavia molti altri aspetti da considerare qui a proposito del comportamento sessuale. L’idea che sta dietro a questo è che vogliamo cercare di non agire soltanto come animali. Un animale salta semplicemente sopra qualsiasi altro animale ogniqualvolta ne ha voglia, ed è totalmente sotto il controllo del desiderio e della libidine. Questo è quanto vogliamo evitare. L’azione giusta è molto simile alla parola giusta, tranne per il fatto che questa regola del Buddismo si concentra sulle cose che fai. Secondo il Buddismo, per avere una vita più piena dobbiamo astenerci dal ferire altri esseri viventi, sia fisicamente, mentalmente o psicologicamente.

Retta sussistenza: il sostenere la propria vita e quella degli altri in modo etico e sostenibile. Secondo il Buddismo, ciò a cui ci dedichiamo nella nostra vita professionale dovrebbe cercare di contribuire con qualcosa di valore alla società. Cioè, ci dedichiamo a una professione che avvantaggia il mondo e non causa danni agli altri.

Retto sforzo: l’impegno costante per migliorare se stessi e aiutare gli altri a farlo. Questa regola del Buddismo implica che dovremmo concentrarci sul sostegno attivo della verità e della giustizia nella nostra comunità. Quindi, se vedi delle ingiustizie nel mondo, è importante che cerchi di lavorare per cambiarlo e migliorarlo.

Retta presenza mentale: lo sviluppo della concentrazione e della consapevolezza attraverso la meditazione. Mindfulness significa apprezzare ogni momento della nostra vita. In molti casi tendiamo a vivere con il pilota automatico, senza apprezzare ciò che facciamo in ogni momento. Sprecare ogni istante della nostra vita è anch’esso di per sé fonte di sofferenza. Pertanto, è importante prestare attenzione al momento presente e imparare a essere qui e ora. Accettarsi non significa rassegnarsi o accontentarsi della propria vita, ma saper vivere con umiltà. Ciò implica comprendere che ciò su cui abbiamo il controllo è il nostro atteggiamento e non le nostre circostanze. Non accettare la realtà così com’è in questi momenti può portare a una sofferenza costante.

Retta concentrazione: la pratica della meditazione per comprendere la vera natura della mente e della realtà. Per raggiungere questo obiettivo, una delle pratiche che ti aiuterà di più è la meditazione che deve essere fatta con assoluta e totale attenzione alla respirazione e all’uso di diversi mantra.

Il Buddismo, come l’induismo, ammette l’esistenza della rinascita. Secondo gli insegnamenti del Buddismo Hinayana, l’obiettivo della vita deve essere quello di interrompere il ciclo delle rinascite e raggiungere il nirvana. Il nirvana può essere definito come uno stato di pace, completamente privo di dolore e sofferenza. Secondo gli insegnamenti del Buddismo Mahayana, il Nirvana è nella rinascita e nel rendere tutti gli esseri viventi consapevoli della loro natura di Buddha in modo da permettere loro di vivere una vita felice e pacifica.

Le divinità: il Buddha non ha mai risposto alla domanda sull’esistenza di Dio, poichè non è pertinente al raggiungimento della meditazione. La potenza per i buddhisti è la legge universale eterna che si rivela nella legge del compenso di tutte le azioni. Tuttavia, nel buddhismo esistono divinità, ma non sono centrali né assolute come nelle religioni teiste (fede che crede nell’esistenza di una o più divinità). La loro natura, ruolo e importanza variano a seconda della scuola buddhista (Theravāda, Mahāyāna, Vajrayāna) e della cultura in cui il buddhismo si è sviluppato (India, Tibet, Cina, Giappone, ecc.). Nel buddismo non esiste un Dio creatore onnipotente ed eterno e sia l’illuminazione (bodhi) che la liberazione (nirvana), si raggiungono attraverso la pratica personale, non per volontà divina. Le divinità derivano dall’induismo e sono presenti anche nei testi antichi. Sono esseri potenti che vivono in reami celesti, ma non sono eterni e sono soggetti al karma come tutti gli altri esseri. Non possono dare la liberazione, ma a volte proteggono o sostengono i praticanti virtuosi. Uno dei concetti fondamentali è “La Trimurti” che nella religione induista rappresenta la triplice manifestazione del Divino nelle sue tre funzioni cosmiche principali: creazione, conservazione e distruzione/rinnovamento. Il termine deriva dal sanscrito tri (“tre”) e murti (“forma” o “manifestazione”). Le tre divinità della Trimurti sono: 1) Brahma – Il Creatore, è il dio che rappresenta la forza della creazione dell’universo e di tutti gli esseri viventi. È spesso raffigurato con quattro teste, simbolo della sua conoscenza dei quattro Veda. Sebbene sia il creatore, è la divinità meno adorata tra i tre, e ci sono pochi templi a lui dedicati; 2) Vishnu – Il Conservatore, incarna la forza della preservazione e dell’ordine cosmico (Dharma). È il protettore dell’universo e si manifesta in diverse incarnazioni (avatara), come Rama e Krishna, per ristabilire l’equilibrio quando viene minacciato. È una delle divinità più venerate in India; 3) Shiva – Il Distruttore/Rigeneratore, rappresenta la distruzione, ma non in senso negativo: è la trasformazione necessaria per il rinnovamento e l’evoluzione. È anche il dio della meditazione, del tempo e dello yoga. La sua distruzione è vista come parte di un ciclo naturale, che prepara la via a una nuova creazione. Nello yoga e nella tradizione spirituale indiana, Shiva è una delle divinità più importanti dell’induismo, e ha un ruolo centrale anche nel contesto yogico. Shiva è considerato il primo yogi, chiamato Adiyogi, colui che ha originato lo yoga. Secondo la tradizione, fu il primo essere a realizzare pienamente la coscienza divina e a trasmettere questa conoscenza ai suoi primi discepoli, i Saptarishi (i sette saggi). Shiva è associato al potere della trasformazione e della distruzione, intesa non come fine, ma come passaggio necessario alla rinascita e al cambiamento. In yoga, ciò si riflette nel lavoro interiore di abbandono dell’ego, delle illusioni e dei condizionamenti per raggiungere la liberazione (moksha). In molte scuole yogiche, Shiva rappresenta la coscienza pura, immobile e onnipresente. È il principio eterno, silenzioso, al di là della mente e dell’ego. Questo si collega alla filosofia del non-dualismo (advaita), in cui il praticante cerca di riconoscere la propria identità con questa coscienza suprema. Simbolismo legato a Shiva: il terzo occhio, simbolo della consapevolezza interiore e della visione oltre l’apparenza; il tridente (trishula), che rappresenta le tre funzioni cosmiche – creazione, conservazione e distruzione; la meditazione, Shiva è spesso raffigurato in profonda meditazione sull’Himalaya, espressione della perfetta padronanza di sé e della quiete mentale; il serpente, simbolo dell’energia kundalini, che nello yoga si cerca di risvegliare. (inserisci foto Shiva con logo) In conclusione, La Trimurti non è vista come tre “dei” separati, ma come tre aspetti diversi di un’unica realtà suprema, chiamata Brahman (la coscienza assoluta). È un modo per descrivere come l’energia divina si esprime nella dinamica dell’universo: nascita, vita e morte (o rinascita).

Le persone sacre: le anime sono quindi affidate ai monaci, vestiti di giallo, casti, assumono cibo solo fino a mezzogiorno ed esclusivamente mendicato e vivono in estrema povertà. Possiedono solo beni di prima necessità. Per evitare di cadere in tentazione si rifugiano nei tre gioielli: il Buddha, cioè il Maestro, colui che indica la via; il secondo è il Dharma, l’insegnamento della meditazione e dell’amore universale; il terzo è il Sangha, cioè la comunità spirituale. Negli ultimi mesi di vita, il Buddha ha ripetutamente insegnato: «Prendete rifugio in nessun altro che in voi stessi. Ognuno di voi ha in sé il Buddha, il Dharma e il Sangha. Non cercate cose che si trovano molto lontano: è già tutto nel vostro cuore. Siate un’isola per voi stessi». Ogni volta che vi sentite confusi, arrabbiati o persi, se praticate il respiro consapevole e ritornate all’isola del vostro sé, vi troverete in un luogo sicuro, pieno di sole caldo, di alberi frondosi e di splendidi uccelli e fiori. Il Buddha è la nostra consapevolezza, il Dharma è il nostro respiro conscio, il Sangha è i nostri “cinque aggregati” che funzionano in armonia. Esistono anche monasteri femminili.

Le festività del Buddhismo

Le principali festività del buddhismo sono:

Festa di Capodanno: cade in aprile e comprende la festa dell’acqua (dove si offre acqua agli anziani, che ricambiano con una benedizione, e viene gettata sui passanti come simbolo di purificazione);

Il giorno del Buddha: commemora la nascita, l’illuminazione e la sua morte (o entrata nel nirvana). Coincide con la prima luna piena del mese che in tempi antichi veniva definito di Vesakha e cade sempre fra maggio e giugno;

Vassa: o periodo delle piogge, che va dalla luna piena di luglio alla luna piena di ottobre; in questo periodo i monaci devono stare nel monastero, e i laici non possono celebrare matrimoni nè partecipare a forme pubbliche di divertimento.

Conclusioni

In conclusione, possiamo dire che il Buddhismo non è una vera e propria religione quanto invece una filosofia basata sulla pace interiore ed esteriore, di profonda compassione e rispetto, di dialogo e pazienza. Al contrario delle religioni, il Buddhismo non si concentra sull’esistenza di un Dio, ma è rivolta alla ricerca della verità attraverso la meditazione. Il fine ultimo della pratica buddista è quello di comprendere la vera natura della realtà, di liberarsi dalla sofferenza e dall’ignoranza e di vivere in modo compassionevole verso gli altri. Secondo i buddisti, per raggiungere la pace personale e contribuire al benessere del mondo, è necessario praticare meditazione, etica e, più in generale, impegnarsi verso il beneficio degli altri.

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